Lights & Lumières

Lights e lumières è il titolo del concerto che apre la stagione 2024-25 di Andante con fuoco. Come spiegano Sabrina e Michela Chiara, nasce da una intuizione: le sensazioni di luminosità e libertà che sentono nelle musiche che suoneranno per noi, e che caratterizzano anche gli anni e i luoghi in cui Debussy, Ravel, Poulenc e Gershwin hanno vissuto e creato le loro musiche. 

Ho trovato nella storia della genesi del Prélude di Debussy un aiuto a capire. Nel 1876  il poeta simbolista Stéphane Mallarmé finalmente riesce a pubblicare Il pomeriggio di un fauno  (link alla  traduzione di Ungaretti). Si tratta di un monologo di un fauno che si è appena svegliato da un sonno pomeridiano e racconta delle ninfe che ha incontrato o ha sognato di incontrare. Le illustrazioni grafiche di Eduard Manet, pittore amico di Mallarmé, trasmettono l’atmosfera sensuale, ma è una sensualità leggera. Il fauno e le ninfe si lasciano piegare dal vento in sintonia con le piante – o sono le piante che seguono le curve dei loro corpi? 

Quindici anni più tardi, il giovane compositore Claude Debussy, che si era già ispirato alla poesia dei simbolisti è invitato da Mallarmé a collaborare con il drammaturgo Paul Fort, su una messa in scena del suo poema. Il progetto teatrale non fu realizzato, ma Debussy continuerà per i prossimi tre anni a ‘cesellare al pianoforte’ il Preludio che lo avrebbe dovuto introdurre. Il compositore Raymond Bonheur, che ascoltò una delle prime versioni, scrisse: ‘mi ricorderò sempre la sensazione di stupore che provai quando mi mostrò, al suo primo stadio, questo Après-midi d’un faune, raggiante di luce, bruciante di tutto l’ardore dell’estate.’

Si capisce già da questo perché la musica di Debussy fu descritta all’epoca come ‘impressionista’, etichetta che deriva dal titolo di questo quadro di Claude Monet Impression, soleil levant (1872):

A Debussy non piaceva essere etichettato in questo modo, ma la sua ammirazione per il pittore inglese J.M.W. Turner e l’americano James McNeill Whistler conferma il suo interesse per la luce e il colore piuttosto che per la forma solida.

J. M. W. Turner,  Modern Rome – Campo Vaccino (1839) e James McNeill Whistler, Notturno in blu e oro: il vecchio ponte di Battersea (1872)

Di questi pittori ho scelto scene di città, perché il connubio tra poesia, arti visive, musica e teatro dal quale nasce il Prélude à l’après-midi d’un faune non sarebbe stato possibile se non in un grande città, e in particolare nella città di Parigi tra gli ultimi anni del‘800 e i primi decenni del ventesimo secolo.

‘Gli anni del banchetto’ li chiama il critico americano Roger Shattuck nel libro in cui traccia le origini dell’avanguardia in Francia tra il 1885 e la prima guerra mondiale. Un’epoca ‘irresistibile’ nella quale Parigi ‘pullulava di tante energie contrastanti tra di loro’, dando vita ad ‘un periodo di rinnovamento eccezionalmente variegato e brillante’. Anche il biografo di Ravel, Aby Orenstein, insiste sulla natura diversificata di questa epoca, e sulla ‘cross fertilisation’ tra arti, gli scambi proficui tra pittori, scrittori e musicisti, sia autoctoni come Debussy, Fauré, Poulenc, Matisse, Renoir, Rodin, Mallarmé, Proust, Gide, sia i trapiantati, come Stravinsky, Prokoviev, Falla, Picasso, Modigliani, Wilde, Stein. 

Non ho gli strumenti per parlare delle diverse energie che si contendevano la scena musicale parigina in questi anni, tanto meno quella new yorkese. Nella pittura invece mi sono più evidenti: bastano tre quadri dipinti nel giro di solo 10 anni a cavallo dei secoli ‘800-‘900 per vedere subito questa diversità: 

Henri Rousseau, Zingara addormentata,1897  

Henri Matisse, Joie di vivre, 1906
Henri Matisse, Joie di vivre, 1906

 

Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon,1907 

E’ più difficile dire che cosa i tre hanno in comune. Mi faccio aiutare da Roger Shattuck, che nel suo capitolo finale identifica due tendenze nelle arti moderne.  La prima è quella di cercare la bellezza e verità nell’arte in sé piuttosto che nella realtà esterna. L’oeuvre di Rousseau non rappresenta la realtà, è sua rivale: il suo mondo è un mondo autonomo. In Matisse, gli alberi possono essere di color rosa come la carne delle figure umane, e le donne di Picasso sfidano le nostre nozioni dell’ anatomia umana. La seconda è l’abbandono del valore della unità organica, quindi della prospettiva; il ventesimo secolo, secondo Shattuck, sostituisce le arti della transizione con quelle della giustapposizione. I quadri di Rousseau non sono costruiti per far capire cosa c’è davanti, cosa dietro: ogni oggetto, ogni parte, occupa uno spazio proprio. 

La relazione tra la musica e queste tendenze estetiche, secondo Shattuck, è ‘complessa ma pertinente. La musica, più che le altre arti, ha sempre preso sé stessa come il suo oggetto. Ogni sonata ‘tratta’ della forma della sonata…  Questa aspirazione alla ‘purezza’ spiega perché nella Francia di fine ‘800 è stata restituita alla musica la sua posizione centrale rispetto alle arti,  dopo un lungo periodo in cui fu considerata un mezzo espressivo adatto alla sensibilità romantica germanica … Durante gli anni del banchetto la musica arriva a rappresentare lo stato di auto-riflessività e auto sufficienza alla quale tutte le arti aspirano.”

Per quanto riguarda la giustapposizione, ‘le lunghe transizioni che riempiono le composizioni dei tre secoli precedenti spariscono rapidamente dopo Satie, Debussy e le Six .. sempre più spesso si compone utilizzando piccoli pezzi distinti, come le tessere di un mosaico … come nel cinema, la musica moderna spesso unisce le sue parti in modo non da farci sentire passaggi agevoli da una all’altra, ma da farci sentire il conflitto tra di loro’. 

Che ne pensate? 

Jeanne Clegg

Libertà in Musica: 100 Anni di Rhapsody in Blue, il capolavoro che ha insegnato agli Stati Uniti a sognare

Quando Rhapsody in Blue debuttò nel 1924, fu un inno alla libertà creativa e un simbolo del sogno americano. Oggi, a cento anni di distanza, il brano mi fa riflettere sul significato di libertà e democrazia, e a quanto questi valori siano preziosi e fragili. In un’epoca in cui gli Stati Uniti e il mondo intero affrontano sfide complesse, il messaggio di Rhapsody in Blue risuona forte: l’arte può diventare un veicolo di speranza? A 20 anni ne ero certa ora lo desidero fortemente!

Il DuoKeira eseguirà questo capolavoro con la volontà di restituire al pubblico tutta la sua energia, freschezza e complessità, offrendo un’interpretazione che celebra l’incontro tra due mondi e la forza della collaborazione. Perché, come ci insegna Gershwin, la vera libertà non è fare ciò che si vuole, ma trovare la propria voce nel rispetto di ciò che ci circonda.

George Gershwin creò questo capolavoro in un periodo di grandi cambiamenti e tensioni, fondendo stili diversi e catturando l’essenza di un’America in trasformazione. La sua composizione rimane un simbolo di aspirazione e di libertà artistica, un’opera capace di unire persone e culture, suscitando riflessioni profonde su temi ancora attuali come l’appropriazione culturale e l’identità nazionale.

La questione dell’appropriazione culturale è centrale nel dibattito su Gershwin. In molti si sono chiesti se il compositore abbia “rubato” dalla cultura musicale afroamericana. Gershwin frequentava Harlem, assorbendo lo stile vibrante dello “stride piano”, che combinava elementi di ragtime, blues e folk. Questa immersione nella scena musicale afroamericana influenzò profondamente il suo modo di suonare e comporre, molto più di quanto avrebbero potuto fare le sue lezioni di pianoforte classico. Lara Downes, pianista e interprete di Rhapsody in Blue, nota come il brano rifletta l’energia e l’atletismo di questo stile, frutto dell’incontro con artisti come James P. Johnson e Willie “The Lion” Smith.

Ma Rhapsody in Blue va oltre il dialogo culturale. Pochi mesi dopo il debutto della composizione, il Johnson-Reed Act, una legge fortemente xenofoba, limitò drasticamente l’immigrazione negli Stati Uniti. Gershwin, figlio di immigrati ebrei russi, rifletteva nella sua musica l’esperienza dell’integrazione culturale. La sua Rhapsody è un “caleidoscopio musicale dell’America”, in cui convivono influenze di Tin Pan Alley, il teatro yiddish, la musica spagnola e il jazz. Non è solo un brano di intrattenimento, ma un atto di ribellione, una dichiarazione su come l’America dovrebbe essere: un luogo dove diverse culture si mescolano per creare qualcosa di unico.

Lara Downes, insieme al compositore Edmar Colón, ha portato avanti l’idea di un’America musicale inclusiva con Rhapsody in Blue Reimagined, una versione moderna che incorpora sapori afro-cubani e cinesi. Questa reinterpretazione celebra la visione di Gershwin, rendendo omaggio al melting pot culturale che ha sempre caratterizzato gli Stati Uniti. Nel corso degli anni, Rhapsody in Blue è stata adattata a vari stili musicali, dimostrando la sua straordinaria flessibilità. Il contributo di questa composizione è stato fondamentale per aprire le porte a una nuova visione della musica americana, spingendo compositori e musicisti a esplorare la fusione tra jazz e musica classica, come dimostrano le sperimentazioni di artisti del calibro di Duke Ellington e Leonard Bernstein.

Gershwin morì prematuramente nel 1937, a soli 38 anni. È lecito chiedersi come la musica classica americana sarebbe evoluta se avesse vissuto più a lungo, e se i suoi contemporanei avessero preso più seriamente lui e la musica afroamericana che lo ispirava. Tuttavia, questo non sminuisce il potere della sua musica. Rhapsody in Blue continua a ispirare perché ci connette con l’entusiasmo di Gershwin e con il suo desiderio di mostrare il meglio che l’America può essere.

In un momento storico in cui il concetto di democrazia è nuovamente sotto esame negli Stati Uniti, Rhapsody in Blue risuona ancora con forza come un inno alla libertà e alla diversità. La sua musica ci invita a guardare oltre le divisioni, a immaginare un futuro in cui le differenze culturali non siano motivo di conflitto, ma una risorsa preziosa da celebrare.

Sabrina