Il giardino incantato

Ogni bambino ha avuto il suo incontro con la favola. Sia stata la voce suadente della madre o quella più cattedratica dell’insegnante a far conoscere questo magico mondo, popolato di maghi, streghe, re e regine, folletti, amuleti e magie, inganni e sotterfugi, disavventure e risorse, oppure l’incontro fortuito con un libro o il racconto di un amico o di un film accattivante, la favola è sempre riuscita a trovare un suo spazio nell’ avventura di crescita di un bambino e diventarne un tesoro di esperienza, di ricordi teneri da frequentare nei momenti più grigi dell’età adulta. Attraverso essa ha potuto conoscere muovere i primi passi nelle vicende del mondo e dell’animo umano, quel carico di tumulti interiori che rendono meravigliosa la vicenda umana: l’intrigo, il sortilegio, l’amicizia, il valore, il dolore e tante altre piccole e grandi dinamiche che rendono la favola un tesoro inesauribile di opportunità pedagogiche. Resta il fatto che il bambino per secoli è stato un grande auditore di favole, spesso un protagonista di alcune di esse per via della particolare inclinazione di qualche adulto a renderlo tale, più raramente se non quasi mai un narratore di favole. Del resto cosa quale favola può raccontare un bambino di tre o quattro anni, ancora poco avvezzo a padroneggiare gli strumenti primari della narrazione.

Noi però ci abbiamo creduto e abbiamo fin dall’ inizio pensato alla favola come un’opportunità di porre il bambino al centro della vicenda narrativa, come strumento per far si che egli potesse identificarsi con parti del racconto e raccontare sé stesso. Ecco allora che la favola di Pollicino diventa occasione per frequentare, conoscere e raccontare i propri vissuti interiori. La foresta notturna in cui ci si perde diventa la stanzetta delle proprie ore serali, quando prima di arrendersi al sonno affiorano tante angosce e si fa i conti con il proprio essere piccoli e smarriti. L’orco assume le sembianze di un padre troppo severo o violento che urla e mostra i denti piuttosto che incedere alla tenerezza rassicurante. L’arguzia di Pollicino è un’opportunità per combattere la paura e sconfiggerla ed ogni bambino inventa i propri sortilegi o costruisce i propri amuleti che magicamente renderanno l’affanno e il timore più sopportabili.

Ogni bambino trova in questo modo nella favola occasione per parlare di sé, per costruire la propria personale storia e per raccontare la propria interiorità. Ogni bambino scopre nella favola una opportunità per proporsi e proporre, per esprimere il modo in cui viene vissuto in profondità il tema saliente che si sta focalizzando: la perdita, la solitudine, la paura, il dolore, il riscatto, l’ingegno. Ci son di aiuto i colori e i fogli che accolgono questo mondo interno che necessitano di un proprio spazio espressivo e che per questa ragione si riempiono di nero e di scuro nei momenti difficili del racconto e di verde e giallo nei momenti del riscatto e della fuga. Sono i disegni che daranno vita allo spettacolo del DuoKeira. Saranno parte integrante della scenografia ma ancor più della carica espressiva delle pianiste, che li hanno a lungo analizzati primadi dar vita allo spettacolo musicale.

E così il mondo magico dei nostri bambini ha trovato spazio non solo nelle proiezioni sapientemente architettate del regista dello spettacolo ma anche nelle fluttuazioni di suoni che le mani del pianista hanno saputo regalare al pubblico. Per ricordare ai tanti spettatori accorsi allo spettacolo “Il Giardino Incantato” che in ogni bambino c’è un mondo interiore che cerca strumenti per raccontarsi e soprattutto adulti desiderosi di ascoltare. Che la parola è solo una delle possibilità. Non l’unica. Che la musica, i colori, la danza, il movimento sono possibilità ulteriori, cui prestare orecchio e cuore.

Gino Aldi