Si riparte il 12 Ottobre

L’associazione Andante con Fuoco sta per iniziare il terzo anno della sua programmazione musicale annuale. Il DuoKeira Piano Duo è anche questa volta il cuore del progetto insieme ad altri artisti con cui condivide un sogno: quello di creare una comunità locale dove la musica classica non sia più percepita come forma d’arte per l’élite, ma un luogo di condivisione dove la sua bellezza e complessità possano influenzare positivamente tutti i fruitori.

Non è un caso che il programma prescelto per l’avvio della nuova stagione 2023/24 dal titolo “Legami cromatici” sia con musiche di compositori del circolo di casa Schumann, dove hanno interagito diverse sensibilità e identità molteplici, che nel loro permanente dialogo hanno generato un reale cambiamento nella storia della Musica. Oltre al quartetto di Robert Schumann op.47 nella magnifica (e poco eseguita) trascrizione per pianoforte a 4 mani di Johannes Brahms, si potranno ascoltare brani di Fanny Hansel e dello stesso Brahms.

Le due pianiste, Michela Chiara Borghese e Sabrina De Carlo, che compiono quest’anno 15 anni del loro sodalizio artistico come DuoKeira hanno voluto coinvolgere per questa occasione, l’Academia Alma Vox, un coro giovanile a voci miste di ragazzi di età compresa tra i 14 ed i 26 anni, diretto dal M° Alberto De Sanctis, con cui eseguiranno i Liebeslieder di J. Brahms.

Quanti significati ha la notte?

La notte assume un senso diverso per noi, a seconda delle esperienze di vita, della cultura e della spiritualità che viviamo. Ecco alcuni significati e interpretazioni che mi vengono in mente:

  • riflessione e introspezione;
  • malinconia e tristezza;
  • rifugio e sicurezza;
  • amore e passione;
  • mistero e spiritualità;
  • paura e incertezza

Ora, avendo tra qualche giorno un evento dedicato ai canti notturni nella liederistica tedesca, prenderò spunto dai compositori tedeschi, che utilizzando testi di poeti più diversi, hanno composto melodie e armonizzazioni cercando di mettere in luce atmosfere e sentimenti evocati dai testi.

In alcune canzoni, la notte è vista come un momento di pace e tranquillità, dove la natura si addormenta e non c’è più il caos della vita diurna. In questi lieder, la notte rappresenta una sorta di rifugio del mondo esterno e un’opportunità per riflettere sui pensieri e le emozioni più profonde.

In altri lieder, la notte è invece associata alla malinconia e alla solitudine. In questi brani, la notte rappresenta un momento in cui ci si sente più isolati e vulnerabili, dove i pensieri tormentosi e le paure sembrano amplificate.

Eppoi ci sono lieder in cui la notte ha un aspetto più romantico e sensuale. Qui la notte diventa un momento in cui l’amore e la passione si accendono, la luce della luna crea un’atmosfera magica e la natura stessa sembra contribuire all’intensità delle emozioni.

E a voi che immagine, sentimento o emozione evoca la notte? Quale significato le attribuite?

Sabrina

What’s in a name

“What’s in a name that which we call a rose by any other name would smell as sweet”

Shakespeare dicendo che l’essenza delle cose va al di là del nome, in qualche modo afferma la potenza del nome. Nella musica classica i compositori hanno spesso optato per due strade diverse. Una è quella in cui la musica non deve avere fattori esterni a se stessa, è arte suprema e dunque in grado di vivere senza riferimenti esterni. In questo caso i compositori hanno privilegiato nomi che ne descrivessero degli elementi interni ad esso come la forma e tonalità, il tempo, il genere musicale o addirittura il nome della tecnica in cui viene eseguito o semplicemente il numero di catalogo. La seconda strada è quella di scegliere un nome che suggerisca uno stato d’animo, un’ispirazione, una dedica e così via.

Ma un nome può influenzare l’esperienza dell’ascolto? Provate ad ascoltare Le boeuf sur le toit oppure Trois morceaux en forme de poire senza conoscerne la genesi e fatemi sapere cosa ne pensate.

Sabrina

Profumo di fiori

Tante sono le canzoni ed i brani di musica che celebrano i fiori! Con i testi è più semplice anche se esistono composizioni solo musicali che ne esaltano la bellezza o il significato che abbiamo attribuito loro. Il primo che mi viene in mente è il valzer dei fiori dallo Schiaccianoci di Tchaikovsky, eppoi i Crisantemi di Puccini, il duetto dei fiori da Lakmè di Delibes, Bruyères dai Préludes per pianoforte di Debussy e l’interludio orchestrale di Walk to the Paradise Garden.

Ma la musica può, oltre a suscitare emozioni ed evocare immagini, suggerire profumi e fragranze? Può suggestionarci nella visione di colori opachi o brillanti? Può indurci ad avere la sensazione tattile di un oggetto duro o molle, liscio o burroso, vellutato o ispido? Ascoltate il Catalogue de Fleurs di Darius Milhaud senza conoscere il testo in francese eppoi spero di avere vostri commenti.

Buon ascolto allora!

Sabrina

La contemplazione: concertare con il tutto

In una delle mie letture recenti, per caso, ho potuto riflettere sul termine “Risonanza” che non riguarda solo il suono, le frequenze, le vibrazioni, l’energia, ma anche le persone e le dinamiche tra esse e il mondo. Hartmut Rosa, sociologo della scuola di Francoforte, mi ha aiutato in questo viaggio. Per lui la risonanza è imprescindibile dalla efficacia pedagogica di strategie pensate per solleticare gli animi, per trasmettere entusiasmo, passione, interesse, risposta. In una parola: dialogo.

Ma con chi/cosa? Continua a leggere

La “mia” Boston

Nel libro di Adrienne Fried Block, Amy Beach, Passionate Victorian, c’è un capitolo che si chiama “Amy Beach’s Boston”. Si parla di una Boston alla fine dell’ ‘800 e inizi del ‘900, dove la compositrice americana aveva vissuto quelli che definisce i suoi “anni felici”, una città estremamente musicale, che aveva favorito la sua crescita come donna e come musicista . Ora immaginate una città in estremo fermento economico e culturale: nuovi edifici venivano costruiti in mezzo al centro storico, tra cui la State House con la sua cupola coperta di foglie d’oro e un parco, il Fenway Park, che andava a risanare le zone paludose, con camminamenti propri dell’epoca vittoriana e sculture che ne celebrava i suoi eroi . Eppoi una sorta di patto tra classe borghese dirigente e artisti, basato sul credo che la Musica fosse l’arte suprema e che elevasse lo spirito dell’essere umano. Questo aveva ovviamente favorito la creazione di una comunità di musicisti e performer di prim’ordine.

La mia esperienza di Boston non è stata così diversa: la bellezza di questa città ancora è impressa nei miei occhi. La sua luce, il vento gelido d’ inverno, l’esplosione delle magnolie a Beacon Hill durante la primavera, le code fuori alla Boston Symphony per i rush tickets che mi consentivano di assistere a concerti di alto livello, e le sue contraddizioni, tante. Come quelle che ancora osservo studiando una compositrice donna come Amy Beach, ancora ora, dall’ Italia, e che ancora non hanno trovato risposte in me.

Sabrina

La poesia e la musica: il popolare che si sublima

Il termine “musica popolare” si riferisce spesso ad un genere di musica considerato di valore e complessità inferiore rispetto alla musica d’arte e che sia facilmente accessibile a un gran numero di ascoltatori, non educati alla musica, piuttosto che a un’élite. Eppure quella che spesso oggi definiamo musica classica del romanticismo era musica popolare, con temi popolari e destinata ad una diffusione maggiore possibile. Era l’epoca della protesta contro le forme del classicismo accademico. I francesi e gli irlandesi cercavano di ritrovare il loro passato celtico, i tedeschi e gli inglesi cercavano la loro autonomia culturale nella civilizzazione medievale contro l’egemonia della cultura francese e modelli dell’arte greca e romana. Schubert e Brahms hanno spesso usato temi popolari ungheresi come materiale del loro lavoro col chiaro intento di renderli sublimi. Le rapsodie, le ballate, le mazurche, le danze dei grandi compositori romantici sono frutto di questo sentire. Continua a leggere

Gradus ad Parnassum

Foto del Monte Parnaso, Grecia

Le cime del Parnaso si ergono dietro l’antica città di Delfi. Era la montagna sacra ad Apollo e a Dioniso e le Muse l’avevano prescelta come loro dimora. Tra il 1817 ed il 1826, Muzio Clementi, compositore, pianista, didatta e costruttore di pianoforti, pubblica tre volumi del Gradus ad Parnassum; il titolo completo è in realtà The Art of Playing on the Piano Forte, Exemplified in a Series of Exercises in the Strict and in the Free Style (Gradus ad Parnassum, o l’arte di suonare il pianoforte, esemplificato in una serie di esercizi nello stile rigoroso e libero) . Consiste in 100 “esercizi” in forme e stili diversi ed è una vera e propria ascesa al Parnaso, pensata da Clementi per formare “testa, cuore e dita” dei pianisti, come egli stesso scrisse all’editore Härtel di Lipsia nel 1818.

Ed è dunque Gradus ad Parnassum il titolo che diamo ad una serie di eventi dedicati a coloro che hanno deciso di dedicare studio e passione al pianoforte. Il cammino, come ogni cammino è impervio e faticoso, pieno di dubbi ed incertezze, ma anche ricco di scoperte e conquiste. Inutile dire che servono buone guide oltre che buoni camminatori!

Quella irresistibile eleganza

A 8 anni non sapevo praticamente nulla della Francia, se non che i miei genitori volevano andarci in viaggio di nozze e poi per motivi economici avevano sempre rimandato. Avevo visto il film per il quale porto il nome (o almeno così mi piaceva pensare) con Audrey Hepburn: l’effetto che Parigi aveva avuto su di lei era stato per me una folgorazione.

Poi ho cominciato con un primo pezzo di Debussy, eppoi Faurè eppoi Ravel. E ancora Satie, Couperin, Rameau, Saint-Saens, Poulenc, Milhaud, Auric….. Nonostante io abbia nominato musicisti di epoche diverse e di stili differenti, tutti, ma proprio tutti hanno sempre avuto su di me lo stesso effetto: una sensazione di grande familiarità unita ad un desiderio di preservare questi gioielli come in uno scrigno. Cosa devo a loro come esecutrice? La ricerca incessante del dettaglio, la cura del suono e il desiderio di essere sempre elegante. E dunque Vive la France!

P.S. A proposito, poi a mia mamma a Parigi ce l’ho portata 😉

Sabrina

Pillole di bellezza

In attesa del nostro primo evento nel piccolo studio in via dei Sergii, vi proponiamo il video della produzione di Sagra della primavera eseguito a Parigi nel teatro degli Champs Elysees cento anni dopo la sua prima esecuzione. “La sagra della primavera” fu infatti rappresentata per la prima volta a Parigi il 29 maggio 1913 al Théâtre des Champs-Élysées dai Balletts Russes di Sergei Diaghilev, su musica di Igor Stravinsky, con scenografie di Nicholas Roerich e per la coreografia di Vaslav Nijinsky. Quel giorno scoppiò una rivolta tra il pubblico tra cui erano presenti musicisti come Saint-Saëns, Debussy e Ravel.

La versione che qui vi proponiamo riproduce i costumi e gli sfondi di quelli originali.

Elettrizzante, questa è la parola per questo lavoro: sia la partitura che la coreografia vanno ben oltre un rituale o il sacrificio di un essere umano. Ma di questo e di altro parleremo il 6 novembre alle ore 18.

 

https://www.youtube.com/watch?v=YOZmlYgYzG